Intervista a Dino Orso, maestro di pugilato
Forse, tra le motivazioni per cui si entra in palestra per praticare questo sport, c’è proprio la ricerca di se stessi, il bisogno di conoscersi veramente.
In cosa consiste per te la bellezza, il fascino della boxe?
Credo che la cosa che traspaia alle persone più sensibili che praticano la boxe o che ne sono appassionati, è che ‘lì sopra’, sul ring, si è completamente nudi, non si è vestiti nient’altro che di se stessi. Lì sopra vengono fuori gli istinti che la società ci ha schiacciato o che la natura ci ha tolto. Istinti che forse sono ancora radicati dentro, da qualche parte, in qualche angolo.
Sul ring, finché le cose vanno bene ci si può permettere di vestire una maschera, ma quando le cose cominciano ad andare male viene fuori quello che si è veramente. Forse, tra le motivazioni per cui si entra in palestra per praticare questo sport, c’è proprio la ricerca di se stessi, il bisogno di conoscersi veramente.
Tra gli atleti che frequentano la tua palestra, sei tu che scegli chi è pronto a salire sul ring o sono loro che te lo chiedono?
C’è sicuramente una selezione naturale. Nel senso che la preparazione per gli amatori e per gli agonisti esordienti è la medesima. La selezione si fa tra quelli che hanno voglia di essere costanti e di continuare a esserci. È proprio quando si cominciano a fare lavori specifici per portare un atleta a diventare un agonista e, di conseguenza, un pugile che calca il ring, che si sceglie. Ovviamente deve essere assolutamente il ragazzo o la ragazza a scegliere di voler diventare un pugile. Non mi sognerei mai di mandare una persona sul ring, di addossargli questa responsabilità. Deve essere l’atleta molto convinto a farlo. E tra l’altro, pur volendolo, non è detto che ne abbia le capacità. È successo in passato che qualcuno avesse una grossa volontà, ma non le carte. Credo che il pugilato non sia per tutti. Ci sono persone che vorrebbero farlo ma non ne hanno le capacità fisiche e psicologiche, ma che magari potrebbero fare comunque parte dell’ambiente con altre mansioni. Non sempre ciò che vorresti fare ti è permesso dalla sorte o dalla natura.
La boxe è molto dura…
La boxe è molto dura fisicamente, ma anche psicologicamente. Ci sono delle commissioni mediche che hanno stilato delle classifiche degli sport più difficili da preparare e il pugilato è risultato tra i primi. Sul ring te la devi vedere con uno che vuole darti dei colpi, che vuole menarti, per dirla com’è, e non è facile psicologicamente affrontare questa situazione. Finché c’è da pedalare in discesa, siamo tutti più o meno capaci, è quando comincia la salita che alcuni decidono di scendere…
In che modo la boxe ti aiuta nella vita di tutti i giorni?
Credo che la boxe faccia bene ai più. Nel senso che, tornando alle motivazioni che possono spingere dei ragazzi ad andare in palestra, c’è chi magari in palestra sfoga la sua aggressività, quindi pago di questo, fuori sta un po’ più tranquillo, e c’è chi, invece, ha bisogno di acquisire sicurezze e, forse, mettendosi in gioco, confrontandosi, migliora e accresce queste sue sicurezze o comprende alcuni dei suoi limiti. Io personalmente sono in debito enormemente nei confronti del pugilato, perché mi ha dato modo di dare sfogo a una passione. E aver scoperto qual è la tua passione e poterla sfogare, è sicuramente un lusso. In più, mi ha dato modo di conoscere tante persone. Per cui, malgrado le fatiche e i sacrifici – perché ho speso molto tempo, come qualunque altro allenatore di pugilato nel mondo o come qualunque altro allenatore che pratica un qualsiasi sport- devo essere assolutamente grato al pugilato. Per me il pugilato è una passione, a cui, per riuscire ad avere risultati, dedico veramente tanto tempo, più che a un lavoro, solo che non è retribuito. Ma non ha prezzo quello che io comunque riesco ad avere dal pugilato. Non ha prezzo quello che sono riuscito a vedere negli anni: delle persone fantastiche con cui sono in contatto ancora adesso, dalle quali ho imparato un sacco di cose. E continuo a imparare giornalmente dai ragazzi che alleno.
Quali sono i compiti e i doveri di un allenatore?
Un allenatore ha a che fare con ragazzi che entrano in palestra e si affidano a lui per diversi motivi: per accrescere le proprie sicurezze, per sfogare la loro aggressività o più semplicemente per emulare i campioni preferiti, magari in momenti in cui si parla molto di pugilato in televisione. I suoi doveri sono quelli di rispettare le loro scelte e ogni loro esigenza. I compiti sono quelli di far capire che il pugilato non è un gioco. O, almeno, lo è fino a un certo punto, finché lo si pratica in palestra, ci si diverte e non ci si deve far male. Spiegare loro che non lo è più, un gioco, nel momento in cui si sale sul ring e anche che lo si pratica per costruire se stessi, non per distruggere chi si ha davanti sul ring.
Si dice che il pugilato sia uno sport individuale ma anche di squadra, che è importante lo spirito di squadra. Riesci a spiegarci in che modo c’è la squadra intorno al pugile…
Io credo che il pugilato sia veramente un gioco di squadra, che debba assolutamente funzionare così. Nel senso che qualsiasi atleta della palestra che sale sul ring è un pezzo di tutti gli altri. Anche il più esperto dei professionisti è un pezzo di qualsiasi ragazzo che c’è in palestra, perché ha collaborato con ciascuno di loro. Non è raro, infatti, che il professionista provi tecniche e tattiche insieme all’ultimo degli amatori, consapevole che anche quell’ultimo degli amatori può avere qualcosa da dargli. E questo gioco di squadra lo constato tutti i giorni, vedendo che i ragazzi della mia palestra sono effettivamente molto coesi.
La boxe in Italia è una realtà poco promozionata?
Sì, la boxe è poco promozionata. C’è poca informazione, se ne parla solo nei momenti difficili ed è un gran peccato. Invece, se venissero nelle palestre di pugilato a capire lo spessore, di cosa sono fatti i ragazzi che praticano il pugilato, avrebbero sicuramente da riflettere su quello che è la boxe. La boxe, secondo me, può essere uno sport formativo per un ragazzino che entra in palestra, che deve imparare delle regole che poi vengono trasportate nella vita. Se ci fossero più palestre di pugilato, frequentate nel modo giusto e seguite da allenatori coscienziosi, avremmo sicuramente una società migliore. Sarebbe una bella ipoteca sul futuro dei giovani.
(Intervista rilasciata a Raffaella Rizzi e alla Grintafilm per la produzione del film IL TEAM)