Daniele Limone, pugile professionista
È stato campione italiano nella categoria dei pesi piuma, titolo che ha vinto anche da dilettante. Ha iniziato a 17 anni con la kick, passando da lì a poco al pugilato, seguito dal maestro Dino Orso. Dopo che ha fatto il primo match di kick – racconta – il maestro Dino gli chiese se voleva partecipare ai campionati di pugilato. “Ma, sì, facciamoli”, gli rispose. «Così abbiamo eliminato le gambe e abbiamo iniziato a boxare. Quei campionati poi li abbiamo vinti ed è andata bene così, perché, da lì, siamo andati avanti».
Per me il pugilato è uno sport individuale, nel senso che quando sali sul ring le botte le prendi te e non le prende nessun altro. Però tutto il lavoro che ci sta dietro è un lavoro di squadra, anche perché se non ci fossero gli sparring partner, quello che ti dà la carica mentre fai il sacco oppure mentre fai il circuito con le gambe, quello che ti urla dietro, faresti tutto in maniera più blanda, in maniera meno professionale e quindi non renderesti al massimo… sul ring poi hai un pezzo di tutti quanti sulle tue spalle.
Per me il maestro è tutto. È una guida, è quello che ti fa cambiare il match, ti mette sicurezza, ti calma all’angolo, ti fa ragionare. Il maestro, quando ti chiede una cosa è perché lui da fuori ha visto che è la cosa giusta da fare e allora cerchi di perfezionarla subito.
Sul ring vince chi ne prende di meno, come diceva il maestro Orso Sandrino, il papà di Dino. Non è che vince chi ne dà di più, vince chi ne prende di meno.